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'Extreme of consciousness', estremo di coscienza. Oppure 'scream of consciousness', urlo di coscienza. Ma anche 's-cream of consciousness', crema di coscienza. Insomma: 'stream of consciousness', flusso di coscienza. Esasperato. Che non è solo un compiaciuto gioco di parole, ma anche una irreprimibile esigenza. Di comunicare e di resistere.
La mistificazione mediatica ci ha insegnato «come muore un italiano», ma non ci ha ancora insegnato come sopravvive, un italiano. In mezzo alla sterilità e, soprattutto, alla sempre più incombente scimitarra censoria di potere che taglierà la testa a chiunque voglia arrogarsi la pretesa di esprimere la propria opinione.
Alcuni lo definirebbero Blog, anche se il nostro spirito non è affatto quello di isituire l'ennesimo Blog [ce ne sono già a migliaia, e taluni ragionevolmente ben più quotati di questo]. Quindi, noi lo definiamo un 'Non Blog', contro la globalizzazione chiassosa del concetto originario di Blog. Un 'No Blogal' dove lasciare -o prendere- appunti, o fissare quei pensieri così importanti che immeritatamente, spesso, vengono sommersi da tonnellate di detriti di nessuna importanza.


28.05.2007

 

:uno:

quindi gli italiani pagano da anni per farsi insultare?

Per fortuna che c'è Report. Senza il quale, oltre a «viver come bruti» ignorando decine di scandali, brogli, problemi e incongruenze eventuali e varie, non avremmo forse mai saputo che molti quotidiani sono finanziati con soldi pubblici - cioè nostri - e che, tra questi quotidiani [più o meno equamente distribuiti per appartenenza politica], compare guardacaso anche Libero, ovvero quel brodo primordiale di devianze e deformazioni secondo cui il mondo si divide in 2 grandi gruppi: i propri lettori e gli stronzi comunisti culattoni terroristi musulmani.

Cioè, tradotto, visto che le tasse le pagano [quasi] tutti ma Libero lo leggono in 442mila: svariati milioni di italiani foraggiano Vittorio Feltri per farsi definire stronzi comunisti culattoni terroristi musulmani.

Lo stesso Vittorio Feltri, sorpreso con le mani nella marmellata al pari di molti suoi colleghi, proprio di fronte alle telecamere di Bernardo Iovene e di Report sostiene però che «Non si può mettere in dubbio la mia parola, se non si ha una prova contraria [...] E il falso non si può dire se non si ha la prova per confermarlo». Curioso, no? Una volta, "fare Informazione" significava "procurarsi delle prove per accertare che una notizia divulgata fosse vera", oggi no: oggi - secondo Vittorio Feltri, ritenuto un «Maestro dell'Informazione» dalla stessa Sinistra che non manca di invitarlo a tutti i salottini festaioli di cui dispone - basta pensare una notizia, ponendosi come fonte unica di se stessi, e poi casomai sono gli altri a dover dimostrare il contrario.

Esempio: Vittorio Feltri sostiene che i somari volano. La notizia, dal suo punto di vista, è naturalmente vera, perché non esistono prove che i somari non volino. Al massimo, esistono prove che alcuni [quelli che vediamo] somari non volano, ma questo non significa che tutti i somari non volino: sicuramente, in qualche landa sconosciuta al genere umano, ci sarà un somaro che vola, e tanto basta affinché la confutazione della tesi di Veltri, sempre dal punto di vista di Feltri, non abbia alcuna legittimità a priori. Ecco perché non è Vittorio Feltri a dover dimostrare che «Il grande imbroglio: la Sgrena ci ha preso in giro» o che «Per aver liberato la Sgrena rischiamo 60 Nassiriya» sono due notizie vere: sono gli altri a dover dimostrare che sono false. E va da sé che non esistano spiragli alla esibizione di prove sufficientemente forti da compiere il miracolo, se è vero che mai su Libero si è letta una sola - anche minima e parziale - rettifica di quanto abitualmente titolato a caratteri cubitali in prima pagina.

Ma c'è un altro quotidiano, sfuggito all'inchiesta di Report, che con Libero ha molte cose in comune, prima fra tutte quella di incassare soldi dagli italiani per rovesciargli addosso palate di merda - e, in questo caso, di acquasanta -: trattasi ovviamente del [mamma]santissimo Avvenire, che, leggiamo sul numero di maggio del mensile Prima a pag.86, «si regge solo grazie all'ossigeno che gli arriva dall'8 per mille». Come come? L'Avvenire mantenuto dall'8 per Mille? È forse quello stesso 8 per Mille che la nostra beneamata e benemerita Chiesa Cattolica cerca di spillarci toccando le nostre fetide coscienze di stronzi comunisti culattoni terroristi musulmani mostrandoci poveri bambini down e derelitti fraticelli missionari?

Oibò! E noi che pensavamo che per titolare in prima pagina «Infame calunnia via Internet» con argomentazioni da Premio Pulitzer come «Ognuno, evidentemente, si consola come vuole. O, meglio, come può. Così stupisce solo in parte che dinanzi alla vitalità cattolica documentata sabato scorso in Piazza San Giovanni, ci sia chi trovi benefico sfogo a rovistare nel bidone della spazzatura alla ricerca di qualche lisca di pesce o di qualche uovo in decomposizione. Confidando magari che qualche organo di informazione, più o meno clandestino, non faccia troppo lo schizzinoso, e rilanci generosamente il tutto, offrendo al proprio pubblico come sicuro il cibo ampiamente avariato. Ci riferiamo ad un documentario su preti cattolici e abusi sessuali che, mandato in onda dalla Bbc nel 2006, viene oggi sottotitolato in italiano da Bispensiero, sito di amici siciliani di Beppe Grillo, e caricato su Video Google, dove pare abbia un certo successo. A proposito di bocche buone. Si tratta di un pot-pourri di affermazioni e pseudo-testimonianze che furono apertamente sconfessate a suo tempo dalla Conferenza episcopale inglese, la quale invitò l'augusta Bbc a "vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell'attaccare senza motivo Benedetto XVI"» un minimo di coERenza, se proprio non di coSCIenza, all'Avvenire dovessero far finta di averlo. Evitando di prodursi nelle loro consuete prosopopee barocche [valore giornalistico: sottozero; se non sapessimo già come vengono scelti i collaboratori e gli editorialisti dell'Avvenire ci verrebbe quasi da chiedercelo] della prima gallina che canta solo perché ha fatto l'uovo. Invece niente.

In fondo, certo: stiamo parlando di gente abituata a ragionare per "Atti di fede", in base ai quali è sufficiente che una cosa venga pensata - ovviamente da Loro - che automaticamente esiste, è vera ed è infallibile in quanto direttamente ispirata da Dio [che, a sua volta, per lo stesso identico motivo esiste, è vero ed è infallibile in quanto direttamente ispirato dall'Avvenire]. E in effetti è talmente perverso un simile modo di ragionare che forse non varrebbe nemmeno la pena perderci del tempo e concedergli il beneficio di essere un argomento di conversazione. Ma visto che, in fondo, i soldi con cui lorsignori hanno ancora facoltà di pensare sono soldi nostri, alla fine saremo anche liberi di sfruttarli in un modo che non sia sempre e unicamente quello di essere accusati di avere delle pagliuzze in un occhio da chi ha delle travi di cemento armato in qualunque altro orifizio disponibile, giusto?

 

:due:

"ugly betty" è davvero un bluff o siamo noi, come al solito, a pensare male?

Capita spesso che il battage pubblicitario e mediatico che investe - o monta completamente da zero - un particolare "fenomeno di costume" persuada anche i più refrattari ed indisposti ad avvicinarvisi «per capire se è veramente come dicono», magari partendo con tutti i peggiori pregiudizi del caso ma accettando di buon grado di vederseli rovesciati uno dopo l'altro. Un po' com'è successo a noi, per esempio, in occasione di "Notte Prima Degli Esami".

Così, dopo aver più o meno volontariamente lisciato le prime 2 puntate di "Ugly Betty" scegliendo di dormire per 3 ore nella [multi]sala di un cinema in cui veniva proiettato "Zodiac" - chi è ancora in tempo per non andare a vederlo, non vada a vederlo [perché non lo vedrebbe comunque] -, a seguito delle recensioni entusiaste piovute da ogni dove all'indomani della messa in onda venerdì 25 maggio ci siamo piazzati a nostra volta davanti al televisore e abbiamo cercato di capire cos'avesse di tanto sensazionale questo ennesimo telefilm a stelle e strisce da giustificare il delirio suscitato sia in America che fuori.

Risposta: niente. Il solito minestrone di luoghi comuni ultrapatinati con un inesistente plot prevedibile dalla prima all'ultima scena e senza la minima battuta meritevole di essere definita tale. C'è la solita finta brutta [e già non si capisce perché non prenderne allora una vera, se l'obiettivo voleva essere quello di rovesciare gli schemi estetici propri di tutte le produzioni iùessèi] che in realtà è una gran gnocca sia perché si vede benissimo che è solo truccata da cessa sia perché tutto ciò che indossa e che fa è rigorosamente supercool, tanto è vero che anche quando le cose sembrano volgere al peggio ecco che basta una smorfietta per far tornare immediatamente il sereno e far guadagnare a Betty una messe di scuse e di ringraziamenti finti come il suo make up.

Se, nelle intenzioni, "Ugly Betty" dovrebbe quindi essere la rivincita delle "Cozze di tutto il mondo, unitevi!", di fatto non è altro che l'ennesimo esempio di buonismo di plastica e lustrini che, pur mirando a fare di una cozza un'eroina, muove evidentemente proprio dalla premessa che è comunque una cozza. Quindi è "diversa" per definizione. Un po' come in tutti i film e i telefilm nei quali, con analogo spirito politically correct, si finisce con il 'riabilitare' la 'dignità' di una qualsiasi altra minoranza o di un qualsiasi altro handicap: facendo in modo che si percepisca chiaramente che lo è. Della serie «Sei un roito, sei frocio, sei nero, sei zoppo e sei ebreo ma sei un roito-frocio-nero-zoppo-ebreo figo» e non, come sarebbe forse preferibile e più corretto [senza "politicamente"] «Sei uno sfigato qualunque come tutti gli altri 6 miliardi di persone a questo mondo» o «Sei un figo, punto». Se questa è una 'rivincita'...

 

:tre:

dall'alto di quale virilità didier deschamps può 'ironizzare' sui gay?

«Le magliette rosa? Roba da gay». A prodursi in questa illuminante nota cromosociologica da vero Opinionista - dite la verità: non vi verrebbe più spontaneo associarla ad un Alfonso Signorini qualunque? - è stato l'allenatore della Juventus Didier Deschamps, irritato per il colore frociarolo delle t-shirt con cui la sua squadra ha festeggiato il ritorno in A. [Fonte]

Per cominciare, a questo punto ci piacerebbe sapere quali sono i colori "da etero". Il nero? Ci si vestono tutti i gay fashion-victim [e tutti i preti]. Il grigio e il marrone? Ci si vestono tutti i gay velati. Il blu? Ci si vestono tutti i gay demodè. Il verde? Ci si vestono tutti i gay della Lega Nord. Quale altra nuance rimane quindi ai "veri uomini" per riflettere tutto il proprio indefesso e inscafibile machismo? Aspettiamo con ansia la seconda puntata delle "Lezioni di Guardaroba" di Didier Deschamps - fosse anche l'ultima cosa che ci lascia prima di essere rispedito al mittente - per sapere con rigorosa attendibilità come altrimenti vestirci per non incappare inopportunamente nel suo infallibile gaydar.

In secondo luogo, se è «roba da gay» una maglietta rosa, una espressione di questo genere: (credits: bbc.co.uk) o una posa di quest'altro genere: (credits: liberation.fr) cos'accidenti sono?

 

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