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:la guida più scriteriata del web ai film di nuova uscita:
recensioni del 05.03.2007

 

:sala 1:

"BORAT"
di L. Charles con S.B. Cohen e P. Anderson -

Dovrebbe [o doveva, o sarebbe dovuto] essere il fenomeno comico del 2007, l'«irresistibile concentrato esplosivo di genialità politicamente scorrette» contro gli Stati Uniti, e bisogna riconoscere che il martellamento promozionale - iniziato oltretutto con mesi e mesi di anticipo - la curiosità di verificare di persona quanto ci fosse di vero in questi trionfalismi costruiti ad hoc dalla stampa ha saputo effettivamente suscitarla. Ma bastano appena 10 minuti di pellicola per rendersi conto che si tratta dell'ennesimo caso di "Molto Rumore Per Nulla" che mantiene soltanto in minima parte le aspettative che crea.
Sacha Baron Cohen, ex Ali G, è Borat Sagdiyev, un intraprendente ma svalvolato reporter kazako che si lancia alla conquista dell'America per realizzare un documentario culturale che possa insegnare al suo popolo usi e costumi più ortodossi di quelli tradizionali in uso dalla notte dei tempi. Appena sbarcato nel nuovo mondo, tuttavia, si innamora a tempo record di Pamela Anderson e - pur di incontrarla, conoscerla e sposarla - stravolge completamente i suoi progetti e il suo 'piano di produzione', rendendosi protagonista di una serie di esperienze disastrose al limite del surreale.
L'idea di trovare una nuova chiave di lettura satirica delle «magnifiche sorti e progressive» made in Usa attraverso un contrasto di stili con abitudini diametralmente opposte è senza dubbio interessante e in alcuni casi colpisce nel segno, pur senza svelare chissà quali imprevedibili verità. Quello che però manca a "Borat" per essere realmente ciò che vorrebbe/dovrebbe essere è proprio una realizzazione formale di questa idea coerente con le intenzioni e con gli obiettivi. La tecnica della candid camera è abusata e - visti i risultati - spesso del tutto superflua, le gag sono una sorta di incrocio tra "Scary Movie" e il Bagaglino, non viene toccato nessuno dei capisaldi chiave della società americana [a meno che non sia un caposaldo chiave Pamela Anderson che firma autografi in un Virgin Megastore] e, aggravante dell'edizione italiana, il doppiaggio di Pino Insegno è talmente calcato in direzione "Tovarisc Gorbaciov" che si finisce per capire una parola ogni 10.
Può sicuramente piacere agli amanti dei film di Vanzina e Neri Parenti, che non avranno grossi problemi di transfer nello scambiare Cohen con Massimo Boldi e aspettarsi da un momento all'altro i proverbiali «Bestia che doloreee!» e «Bestia che figuraaa!», ma chi si aspetta qualcosa di più dissacrante e sofisticato nella maggior parte dei casi esce dal cinema apostrofando "Borat" come «un bluff» e/o «una puttanata».

voto: 4

 

:sala 2:

"SCRIVIMI UNA CANZONE"
di M. Lawrence con H. Grant e D. Barrymore -

Regola numero 1: astrarsi dal fatto che in questo film 'reciti' Hugh Grant, altrimenti tanto vale non parlarne neppure. Regola numero 2: astrarsi dal fatto che questo film sia la più classica delle commediole americane dal lieto fine ultratelefonato, altrimenti tanto vale non guardarlo neppure. Ciò premesso, "Scrivimi Una Canzone" riesce ad essere addirittura molto meglio di quello che ci si potrebbe legittimamente aspettare dalla più classica delle commediole americane dal lieto ultratelefonato in cui 'reciti' Hugh Grant.
Cora Corman [Haley Bennett], karmica starlette pseudoBritney sulla cresta dell'onda, si rivolge ad Alex Fletcher [Hugh Grant], derelitta superstar pseudoAndrewRidgeley degli anni '80, per farsi scrivere un singolo 'su misura' che rappresenti una svolta più «matura» e «intimista» - come si suol dire - per la sua carriera. Convinto che l'occasione possa finalmente rilanciarlo in mainstream, Fletcher accetta pur essendo perfettamente consapevole di non saper mettere insieme due parole. Fortuna vuole che Sophie Fisher [Drew Barrymore], maldestra giardiniera piovuta dal cielo ad annaffiargli le piante, sia invece un inesplorato talento della rima, e che proprio grazie a lei Cora potrà avere la sua hit e Alex la sua seconda vita. Due piccioni con una fava.
Contrariamente a molte pellicole musicali in cui la colonna sonora finisce per avere un impatto totalizzante, e quindi negativo, sulla sceneggiatura e sull'appeal della storia, in questo caso il mix tra canzoni [alcune delle quali potenziali hit di oggi come "Way Back Into Love" o di ieri come "Pop Goes My Heart"], battute e interpretazione si rivela vincente ed efficace, senza altra pretesa - o presunzione - se non quella di dare al pubblico un'ora e mezza di onesto divertimento. Alcune intuizioni parodistiche sono decisamente azzeccate, sia nei confronti della cultura pop degli anni '80 che nei confronti della cultura pop attuale, così come azzeccato è anche il cast, con una Drew Barrymore autoironica e brillante e una Haley Bennett in perenne conflitto con la sua immagine. Sicuramente non è il film dell'anno e probabilmente non vale nemmeno un biglietto a prezzo pieno, ma per una serata il mercoledì sera a tariffa ridotta è un buon modo per farsi quattro risate uscendo dalla sala senza l'istinto di farsi ridare indietro i soldi.

voto: 7

:sala 3:

"SATURNO CONTRO"
di F. Ozpetek con P.F. Favino e Margherita Buy -

Eh sì: se ne sentiva proprio la mancanza - e soprattutto il bisogno - di un 'nuovo' film di Ferzan Ozpetek.
Sempre più protervo a voler diventare ufficialmente il ‹Pedro Almodovar della Garbatella› e sempre più convinto che, per portare a compimento l'ambizioso progetto, bastino una ‹Carmen Maura della Garbatella› [Serra Yilmaz], una ‹Marisa Paredes della Garbatella› [Margherita Buy], una ‹Penelope Cruz della Garbatella› [Ambra], un ‹Gael Garcia Bernal della Garbatella› [Luca Argentero], un ‹Lluis Homar della Garbatella› [Ennio Fantastichini] e un ‹Antonio Banderas della Garbatella› [Pier Francesco Favino], il 'regista' di Istanbul realizza invece, del tutto involontariamente, il compendio definitivo del Nuovo Cinema Italiano "Cucina Interno Notte": trama inesistente; dinamiche da soap opera; cast raccattato tra fiction, serie tv e varietà; sceneggiatura da festival delle ovvietà; movimenti di camera scontati e manieristi; corna e controcorna incrociate con l'immancabile pruritino gay ultrararefatto e ultracommerciale; un paio di sniffate come apice della cosiddetta «trasgressione» e 2-location-2 [una cucina interno notte, appunto, e un corridoio di ospedale interno notte pure lui]. Più tutta la fumana di incenso preconfezionato generosamente dispensata a priori dai soliti critici 'amici degli amici' che vedono «capolavori» ovunque perché altrimenti i produttori si risentono e non li invitano più alle anteprime e alle conferenze stampa, e soprattutto perché elogiare il [presunto] "Cinema d'Autore" titilla l'Ego Intellettualoide del [presunto] esteta quasi più di quello del [presunto] regista.
Partiamo dal soggetto: Luca Argentero sta con Pier Francesco Favino che stava con Ennio Fantastichini, ha tanti amici ma disgraziatamente entra in coma e muore. Fine. Interessante, vero?
Mai quanto l'intreccio. Il film inizia mentre sono in corso i preparativi per un cenone, dopodiché, in ordine cronologico: a un certo punto arriva Michelangelo Tommaso con una torta; a un certo punto Ambra pippa cocaina chiusa in bagno; a un certo punto Stefano Accorsi cornifica Margherita Buy con Isabella Ferrari; a un certo punto Luca Argentero resta in mutande; a un certo punto Stefano Accorsi urla; a un certo punto [in un'altra cena] Luca Argentero entra in coma; a un certo punto appare Milena Vukotic nei panni di un'infermiera; a un certo punto parte una canzone di Carmen Consoli in francese; a un certo punto Luca Argentero muore; a un certo punto piangono tutti; a un certo punto Pier Francesco Favino vorrebbe suicidarsi ma non lo fa; a un certo punto Stefano Accorsi e Margherita Buy si riappacificano; a un certo punto si risente la voce fuori campo di Luca Argentero e il film finisce. Da non crederci.
Non a caso, non essendoci 
niente di strettamente 'cinematografico' da giudicare, i commenti dell'attento pubblico in sala spaziano da «Che bel bagno!» a «Ma Isabella Ferrari è rifatta?» e da «Quello è quello del "Grande Fratello"?» a «Come sta bene Ambra!». Tradotto: roba da "Corazzata Potëmkin", per intenderci. Con una torcida di allucinati «Non ci credo!» in coincidenza di quelli che, in teoria, dovrebbero essere i momenti topici del film. La principale differenza tra Almodovar e il suo aspirante clone "vorrei ma non posso", infatti, è che mentre il primo ha un talento innato nello stimolare reazioni emotive nello spettatore, il secondo riesce al massimo a strappare un «Li mortacci tua!» [e uno si domanda: visto che ogni 2 inquadrature c'è qualcuno che piange, non sarebbe stato meglio trovare degli attori che non dessero l'impressione di uno stoccafisso in mezzo a un trito di cipolla? Mai fatte tante risate come quando attaccano a frignare Stefano Accorsi e Pier Francesco Favino nemmeno con "Zoolander" e "Shaolin Soccer"]. Unica nota di merito, quella di avere sagacemente calibrato il copione di Ambra mettendole in bocca le sole battute decenti dell'intera baraccata e facendola, per questo, apparire decisamente più funzionale ai fini della storia di quanto non sia veramente.
Il resto,
tutto il resto, è talmente indisponente che non si riesce neppure ad addormentarcisi.

voto: [meno infinito]N

 

:home video room:

"A SCANNER DARKLY"
di R. Linklater con K. Reeves e R. Downey Jr -

Concepito per essere la pellicola più rivoluzionaria del 2006 e calibrato al millimetro per sbancare i botteghini di tutto il mondo come una sorta di "Matrix Re-Re-Reloaded", "A Scanner Darkly" ha incassato - giusto per fare due esempi - 55mila euro in Italia [rimanendo in programmazione una sola settimana] e poco più di 5 milioni di dollari in America. Un superflop di proporzioni tali che, pur essendo costato appena 9 milioni di dollari, non è riuscito a ripagarsi neanche quelli.
Eppure, sulla carta, già soltanto l'innovativa tecnica di animazione utilizzata per trasformare gli attori in carne e ossa in cartoons - attraverso non una modellazione in Computer Grafica come, per esempio, in "Polar Express", bensì attraverso la tecnica del Rotoscope che rende 'disegnata' un'immagine reale - avrebbe dovuto creare un interesse tale da far lievitare oltremodo incassi ed entusiasmi. Il perché questo non sia avvenuto appare piuttosto evidente: pur conoscendone preventivamente la trama o pur avendo letto il romanzo di Philip K.Dick da cui è tratto, "A Scanner Darkly" risulta fin troppo ambiguo ed ermetico, il che in alcuni passaggi si traduce in 'soporifero' e in alcuni altri in 'molesto' e rende veramente difficile riuscire a protrarre la visione oltre la mezz'ora. D'accordo la visionarietà psichedelica perfettamente calzante con la chiave di volta della storia [gli abusi di uno stupefacente chiamato Sostanza D, che altera le percezioni di un gruppo di schizofrenici tossicodipendenti californiani, tra i quali lo stesso agente - Keanu Reeves - che dovrebbe indagare sui traffici dei narcotrafficanti], ma lo sforzo richiesto dal film per riuscire a cogliere anche semplicemente un minimo sindacale di filo logico e comprensibilità è francamente eccessivo per quello che, poi, è l'epilogo di tutta la vicenda. Se non altro, la versione dvd ha l'enorme vantaggio di offrire un pacchetto di contenuti extra dal taglio di gran lunga più avvincente e stimolante, ma questo non basta per cancellare la sensazione, comprovata dai fatti, che si tratti di una enorme occasione sprecata.

voto: 4 [8 ai contenuti extra]



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